di Andrea Claudio Galluzzo
da Dubai, i pensieri di un amico all’estero
Un giorno uguale al precedente e al successivo, con lo sguardo rivolto a settentrione, verso il mare, con gli occhi aperti alla brezza calda del Golfo Persico. Immagino le vicine sponde dell’Iran, spiagge e brulli promontori che guardano lo stretto di Hormuz. Solo da due mesi, isolato, imprigionato al trentesimo piano di uno splendido grattacielo a Dubai Marina, un’icona di design e dell’architettura mondiale in un quartiere fatto di acciaio, vetro, cemento e solitudine, il nulla pieno di tutto da ben prima della pandemia. Un deserto di sentimenti nel quale quasi mai piove una voce amica, un gesto disinteressato, un segno di amore vero. In questo arido niente incenerito dall’epidemia globale, trovo nella Luce di Dio l’unica strada disponibile.
Ma quale lampo di luce divina inseguire nel ribollire di questo crogiolo globale che fonde e confonde ogni identità religiosa? Cristianesimo, islam, buddhismo, induismo, sikhismo, ebraismo, animismo africano, religione tradizionale cinese? Quale? E dove ritrovare qualche certezza? Forse in una sola religione universale che semplifichi tutto e finalmente si prenda cura di salvare l’anima e la vita di tutti gli esseri umani, che essi credano o meno in qualcosa che trascende la realtà materiale che viviamo?
Purtroppo io posso constatare personalmente che in Oriente l’islam sbrana se stesso in guerre di religione interne ed esterne e che in Occidente, mentre le cellule cancerogene del male jihadista si moltiplicano, le chiese cattoliche, ortodosse, protestanti, battiste, episcopali, valdesi e avventiste sono vuote ed il cristianesimo si annacqua e si scioglie in forme di spiritualità eclettiche e sincretiste, che non vanno più da Che Guevara a Madre Teresa come cantava Jovanotti, ma piuttosto da John Lennon al Dalai Lama. Se ne preoccupano ormai anche pensatori laici, per nulla compiaciuti della piega che stanno prendendo le cose. Mentre dovrebbero essere contenti che ogni persona costruisca da sé il proprio percorso spirituale e non sia più la trascendenza, organizzata dalle grandi chiese a strutturare la società, scorgono al contrario in questo evidente fenomeno una patologia sociale e lo valutano come un’altra manifestazione dell’individualismo che mette in pericolo non tanto l’ormai rarefatto cristianesimo ma la civiltà occidentale intera ed il suo prodotto politico più pregiato, la democrazia.
Io vivo tra gli Emirati Arabi Uniti e la Cina dove la libertà religiosa viene tutto sommato considerata un problema e dove l’individuo non dovrebbe scegliersi la spiritualità che gli conviene in quanto questo fatto potrebbe cagionare un progresso democratico. Ma a ben guardare le nuove religiosità diffuse basate sulla totale libertà sono sintomatiche di un malessere, di un individualismo privo di appartenenza e autocentrato che porta al nulla, che conduce alla casa del principe delle tenebre costruita con mattoni di materialismo impastati di arido nichilismo.
Ho imparato che il grande nemico di Dio si muove coltivando e promuovendo uomini e donne individualisti che si mostrano gentili verso il prossimo ma che non sopportano l’esser contraddetti. Il principe di questo mondo costruisce per loro un ambiente a parte dove vivono e si proteggono dalla sfida della realtà trovando conforto in contesti virtuali e nei social media. Gli individualisti non abbracciano, non piangono, non ridono, non amano davvero e considerano la società come l’espansione di loro stessi, dei loro sentimenti e delle loro relazioni. I rapporti sociali non avvengono più nella dimensione collettiva ma sono ridotti a relazioni codificate e polarizzate tra odio e amore senza sperimentarne alcuna realtà.
Osservo questi fenomeni costantemente e li vivo quotidianamente sulla mia pelle ma, provvidenzialmente, ho avuto anche modo di conoscere una minoranza di persone incredibili, meravigliose, generose e veramente illuminate dall’amore per Dio. Ormai prego insieme a stupendi credenti induisti, musulmani, buddhisti e sono pienamente consapevole che il loro bene rappresenta anche il mio bene e che la mia fede ha lo stesso valore della loro, come ce l’hanno la vita delle mie figlie e dei loro figli. Abbiamo in sostanza una sola scelta di pace e di amore: la fratellanza universale. E tutto questo viene accelerato ed imposto dagli effetti della pandemia. Ma come trattenere e anzi crescere la propria identità cristiana? Come tornare a rivitalizzare la nostra religiosità occidentale evitando di sostituire definitivamente, e magari senza nemmeno rendercene conto, l’uomo a Dio? A quando il risveglio? Quando suoneranno le campane del mondo cristiano?
Queste domande mi faccio e vi pongo da Dubai, monarchia assoluta dove vige la legge della Shari’ah, emirato arabo congelato dalla paura per il Corona Virus come il resto del pianeta nel tempo del Ramadan dell’anno 1441 da quando il profeta Maometto lasciò la Mecca per recarsi a Medina. Io, abituato a vedere e vivere cose magnifiche e terribili in tutto il mondo, non ho niente da insegnare. Ho ancora quasi tutto da imparare e molte domande da fare. Non ho risposte da offrire purtroppo ma so che seguire il Vangelo significa tentare di donare sempre amore disinteressato agli altri e di salvaguardare ovunque la vita e il Creato, con tutti i mezzi e senza distinzione alcuna. Questo è vivere con Cristo per me oggi e so soltanto che, nonostante tutto quello che mi ha attraversato la vita e benché in questo dannato 2020 abbia passato da solo per la prima volta in vita mia la Santa Pasqua, ancora una volta, pregando sul balcone verso il mare, ho ringraziato e pianto per la Resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo.
Dubai, 30 Aprile 2020